Iniziamo il viaggio con la runa FEHU
Il bue, l’abbondanza, la prosperità, il dono della vita.
FEHU è il paradiso terrestre, il regno spirituale in cui si viveva prima di venire al mondo, ma anche la nostra infanzia, il momento in cui siamo stati accuditi e coccolati, forse, addirittura il periodo che abbiamo vissuto nell’utero materno, quando il contatto con la madre era totale e la nostra SICUREZZA assoluta.
Ed è forse quello a cui ognuno di noi inconsciamente aspira: tornare alla pace del regno spirituale. Ed è proprio al fuoco dello spirito che appartiene FEHU, è quella scintilla di vita che ci è stata donata: la nostra anima.
FEHU è la natura vista come madre, che ci protegge, ci nutre, ci fa sentire al sicuro.
Prende il nome dalla dea Freya, che nell’olimpo norreno raffigura madre natura e la sua forma deriva da un qualche animale cornuto, forse la stessa Adhumula, la mucca cosmica che creò il primo uomo leccando il ghiaccio salato (cliccate
qui per leggere il mito della creazione norreno).
Non dimentichiamoci l’origine antica delle rune. In passato il bestiame era ciò che determinava la ricchezza di una famiglia o di un villaggio, la realizzazione di sé come individuo in grado di sfamare a se stesso. Trasportato in chiave moderna, potrebbe rappresentare il successo lavorativo o familiare.
La prima volta che ho visto FEHU mi ha ricordato una spiga di grano, ma nel disegno che vi ho preparato l’ho immaginata come un albero, è comunque una runa che tende verso l'alto, a voi che cosa fa venire in mente?
Vi consiglio di guardare la sua forma mentre ci meditate, potete copiarla su un foglio, dipingerla su un sasso, oppure disegnarvela sul polso (con un pennarello o una matita per il trucco) è un ottimo metodo per tornare con la mente a FEHU e continuare a rifletterci per qualche giorno.
Essendo la prima runa, la prima tappa del nostro viaggio, FEHU ci invita a porci la domanda delle domande: chi sono io, veramente?
Ognuno di noi ogni giorno indossa, non proprio maschere, ma chiamiamoli dei vestiti per presentarsi agli altri per l’occasione, per relazionarsi come si conviene. E siamo persone diverse a seconda degli ambienti e degli individui con cui abbiamo a che fare, interpretiamo il ruolo che ci si aspetta da noi. (Ricordate Pirandello con "Uno, nessuno, centomila"?) Non è un qualcosa di sbagliato, fa parte dell'adattarsi alla società, ma così facendo si rischia di perdere di vista il nostro “vero io”.
Entrando in contatto con l'energia di questa runa possiamo riscoprire la vera essenza del nostro sé. Cercare di entrare in contatto con la nostra anima.
Per rispondere alla domanda di FEHU, inizio dal riflettere sul cosa NON sono:
Di sicuro non sono il mio nome o codice fiscale; nemmeno la figlia di… la madre di…. La moglie di… Quindi nemmeno il mio cognome.
Forse sono quello che faccio? … mi piace pensare che sarei la stessa persona anche se facessi un lavoro diverso. Sarei sempre attenta, puntuale e perfezionista, creativa…
Quindi… Non quello che faccio, ma forse come lo faccio.
Si dice che “siamo quello che mangiamo”, rifletto allora su questo: Che cosa “mangia” il mio sé, la mia anima?
Quello che amo?
Se fossi nata in un altro tempo e luogo avrei comunque amato la musica, inventare storie e non avrei amato i vestiti eleganti, i fronzoli, le apparenze, le convenzioni…
Quindi sì, posso definirmi con quello che amo fare e con il modo in cui lo faccio.
Per quanto riguarda me, direi che posso definirmi come qualcuno che vuole aiutare gli altri a stare meglio.
Questo è ciò che mi dà gioia, questo è quello che mi ha aiutato a capire FEHU.
E a voi? Rifletteteci su.
Prima di proseguire insieme verso la prossima runa, per continuare il nostro viaggio, c’è un’altra cosa che dovete sapere. È proprio in questo periodo idilliaco, durante la nostra infanzia, che nascono le nostre Ombre (quelle che dovremo affrontare più avanti). Ogni volta che non abbiamo potuto esprimere noi stessi per quello che siamo, ogni volta che ci siamo dovuti adattare all’educazione che abbiamo ricevuto forzando il nostro “vero io” ad adeguarsi al mondo reale, alle regole della società, al compiacere i nostri genitori ed educatori.
Ricordiamoci che educare significa “tirare fuori”, bene, ogni volta che siamo stati costretti a “ricacciare dentro” la nostra essenza per essere qualcosa di diverso, è nata una nuova Ombra.
E saranno questi i “mostri e draghi” che dovremo affrontare nel nostro “viaggio dell’eroe”.
A presto,
Claudia
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